Che ci si arrivi da nord, come ignoti avventurieri franchi o come più recentemente Leopoldo II, cercando di evitare le acque del padule, o dal mare, come Leone Strozzi capitano di ventura o chissà quali pirati saraceni, da est, come Alfonso d'Aragona con le sue truppe, Ludovico il Bavaro e Carlo IV di Boemia o da nord ovest come il Garibaldi fuggiasco e mai domo del 1848, Scarlino non potrà fare a meno di colpirvi dalla sua posizione elevata, ma non troppo. Sufficentemente vicino per essere raggiunto, ma incredibilmente distante per essere realmente compreso nella sua diversità. Come molti paesi di questa parte di Maremma Scarlino ha una sua spiccata personalità, ma per arrivare a capirla, a nutrirsene fino in fondo bisoigna prepararsi ad un lungo apprendistato, non privo di rigetti e di rifiuti. Impossibile è l'indifferenza: o lo ami o lo odi. E spesso tutte e due le cose insieme, come fanno da secoli i suoi abitanti.
Siamo a 229 metri sul livello del mare, altezza di Piazza, da dove quel mare se ti sporgi dal muro ti sembra quasi di toccarlo; ma ci sono già i castagni a quest'altezza, alla Valle e al Paretaio che già ti parlano di Monte d'Alma, al quale Scarlino si appoggia come un serpe su una roccia assolata. Siamo a 590 metri di altitudine, dai castagneti al forteto della macchia non c'è soluzione di continuità.
Scarlino è un serpente, che striscia sulla propria colonna di via di Mezzo, costruita sul crinale del poggio e dal quale si dipartono le vertebre schiacciate e contorte dei suoi vicoli, quasi tutti percorribili solo a piedi. In alto, all'estremità del borgo, la Rocca, imponente d'arenaria e di irregolarità - abbiate pazienza, la simmetria e le cose semplici non sono di questo paese – può essere senza dubbio il vostro punto d'arrivo. Troverete parcheggio, anche comodamente, per la maggior parte dell'anno, e nel periodo estivo (da pasqua nei week-end e in luglio agosto settembre tutti i giorni) anche un chiosco di informazione turistica, dove sarà possibile richiedere visite guidate.
La Rocca (Pisana) è oggi ciò che rimane di un imponente opera di architettura militare realizzata dal Comune di Pisa agli inizi del 1300, con alcune successive modifiche rinascimentali. Ma è stato altro, in un altra vita. Anzi si può dire che di vite, questo panneggio pianeggiante del Monte d'Alma, ne abbia avute 10. Più dei gatti che oggi la cingono d'assedio rapaci come corsari.
Ben prima che l'uomo iniziasse a scrivere la sua avventura qui c'era un villaggio di capanne (fase I :XII-X secolo A.C.), poi un piccolo centro di arrostimento dell'ematite e di fusione del ferro ( Fase II: età etrusco arcaica VII sec. A.C), una fortezza tardo etrusca (fase III: IV - II sec.A.C), una progressiva crisi insediativa fino all'abbandono in epoca romana (fase IV: II sec. A.C- III D.C.), il riuso dell'area in età altomedievale (Fase V:VII sec. D.C), l'insediamento del IX-X secolo(Fase VI), con la costruzione di un primo edificio in muratura, una chiesa, di cui scorgerete se avrete pazienza i confini delle aree absidali (la prima e quelle relative ai successivi rifacimenti). Questa Chiesa rappresentava un significativo passaggio del villaggio altomedievale verso una struttura urbanistica che prevedeva anche un centro di potere identificato e riconosciuto, quello della curtis. La fase successiva (VII) è infatti quella dell'incastellamento, la società feudale si sta affermando, la sommità del colle è ormai occupata da una serie di costruzioni circondate da una cinta muraria. Nel XII secolo (Fase VIII) l'impianto urbano del pianoro viene consolidato con costruzioni in pietra in stile romanico, due di chiaro aspetto signorile per l'imponenza. Nel XIII secolo(Fase IX) il Comune di Pisa entra in possesso di Scarlino, non sembra un passaggio di consegne indolore. Gli edifici romanici, probabilmente a seguito di sommosse e tafferugli vengono livellate. Al loro posto si costruisce una Rocca Militare. Gli Appiani di Piombino, eredi in Maremma dei possedimenti pisani contribuirono poi nel quattrocento a fortificarla ulteriormente con una seconda cinta muraria ed un profondo fossato (Fase X).
Dopo ben 10 vite, la morte, perso già nel corso del XVII secolo qualsiasi valore strategico e militare la Rocca venne via via abbandonata a se stessa, e dopo il 1806 con buona pace del Foscolo e Pindemonte fu individuata come ossario in seguito all'editto di Polizia Medica, esteso, anch'esso da Saint Cloud, al Regno d'Italia. Le lapidi tuttora visibili di Scarlinesi illustri ne sono testimoni.
Visitando la Rocca conviene prendersi quel tempo necessario a godersi il panorama, che nelle giornate chiare spazia verso il mare oltre l'Elba fino alla Corsica. Da lì si può scendere per il sentiero pedonale acciottolato verso l'abitato. Una piazza con una stella ad otto punte vi attende per una sosta ulteriore e un sorso di acqua fresca. Guardate ancora il panorama dalla piazza, cercando di immaginarlo, se potete, privo di ciò che la tecnologia ha saputo regalarci negli ultimi 50 anni, e se fate un po' di attenzione, all'ora di pranzo o di cena riuscirete a sentire il rumore di stoviglie tintinnare sui piatti.
Continuando il vostro itinerario verso il basso potete prendere dalla piazza due vie distinte, entrambe vi condurranno prima davanti al palazzo comunale, antico palazzo pretorio e poi verso piazza Garibaldi, diventate già nel corso del Trecento il centro della vita paesana.
Di fronte al Palazzo Comunale, sulla vostra destra se avete la piazza alle spalle, la chiesa di San Martino, intitolata al patrono, è un riadattamento tardo settecentesco di una Chiesa ed oratorio più antichi; il campanile più volte franato e ricostruito ospita una campana del 1340, tra le più antiche della zona, l'interno è piuttosto spoglio ed austero ma non privo di un fascino discreto. Pochi passi prima, di fronte e nei fondi seminterrati del Palazzo Comunale, il Centro di Documentazione “Riccardo Francovich” (vedi scheda).
Piazza Garibaldi è un quadrilatero irregolare rubato al pendio mediante un antico terrazzamento, poco più larga di una via è comunque la nostra piazza, dove prima si passavano i giorni festivi con cappello e cravatta, dove, nel 1900 si ritenne opportuno dedicare un monumento all'uomo più famoso che da qualche secolo fosse passato per Scarlino. Il palazzo del Conte, la chiude con la sua mole massiccia, con le arcate trecentesche che fanno capolino dalla facciata che guarda la via di Mezzo, che in realtà si chiama via Citerni, già via Appiani, ma che è stata e sarà sempre via di Mezzo. Del resto più mezzo di così si muore. Taglia in due il paese come una scrinatura d'altri tempi capelli troppo impomatati. E delimita due mondi, due stagioni, due climi. La tramontana che arriva dopo aver forzato la tortuosità dei vicoli “dietro le mura”, e il maestrale fresco e necessario d'estate dal mare. Da una parte una porta, intatta perfettamente dalla fine del duecento, portava verso le fonti medievali, ai pascoli di maiali ancora selvatici, alle fattorie di Col di Sasso, poi dopo alle miniere di Gavorrano.
Dall'altra quella a Mare, del 1325, secondo la sua bella epigrafe, verso il Portus Scabris e il Padule, e poi Follonica.
Entrambe potete raggiungerle da piazza, scendendo poche scale per quella della Fonte, alcune in più per quella a mare, o ci potrete passare accanto se percorsa via di Mezzo, senza ignorare col passaggio scorci di vicoli interessanti portali, fino alla Chiesa di San Donato deciderete di tornare su dalle laterali via Agresti o via Gorizia.
San Donato chiude con la sua maestosa e decadente bellezza il paese. Fu inclusa nella cinta muraria paesana alla metà del trecento. Convento e Chiesa degli agostiniani ostentò per un pezzo una discreta ricchezza, senza peraltro potersi sottrarre ad un lento ma inesorabile declino. Restauri di inizio novecento riportarono gli interni ad una supposta purezza medievale, con la demolizione degli altari barocchi. Gli esterni ricalcano il classico romanico pisano, con croce latina e tetto a capanna. All'interno, se la Chiesa è aperta, potrete ammirare l'austera bellezza e rammaricarvi delle condizioni in cui versa l'intero complesso. Intanto una bella tavola dipinta del XV secolo colpirà senz'altro la vostra curiosità, vi è dipinto il Cristo in croce, ma non è nudo, ha una lunga tunica abbottonata e bordata d'oro e con il capo cinto da una corona d'oro, non di spine. E' un iconografia particolarmente cara ai confratelli di Santa Croce, la confraternita più antica e ricca di Scarlino, dalla quale proviene con molta probabilità la tela, ed è chiamata comunemente Volto Santo: è particolarmente venerata a Lucca e nel Nord Europa, dove non a caso era anche particolarmente caro il culto di San Martino. D'altra parte interessi di famiglie aristocratiche longobarde e del vescovo di Lucca sono all'origine della storia medievale di Scarlino.
Pregevole e raffinato inoltre è il monumento sepolcrale di Vanni ed Emanuele Appiani, figli di Iacopo III, signore di Piombino e Scarlino, morti nel 1471. Riferibile allo scultore pisano Andrea Guardi, mostra tra le mensole che sorreggono il basamento del sarcofago, gli stemmi del Popolo di Scarlino, che come ci dice l'iscrizione, volle donarlo al suo signore. Oltre ad altre opere, alcune provenienti da altre chiese paesane, oggi soppresse, meritano l'attenzione anche le suppellettili sacre, esposte nella parte inferiore della chiesa.
Se avete ancora tempo, vi piace la pace, e la giornata non è troppo calda continuate la passeggiata uscendo dalla porta della Fonte, che rimase chiusa di fronte ad un imperatore (Carlo IV di Boemia nel 1468) ma che oggi troverete aperta e dirigetevi verso la fonte, la strada percorsa ogni giorno fino agli anni '60 del secolo scorso dalle scarlinesi, con la barletta portata sul capo protetto da un panno o con la cesta dei panni lavati. Seminascosti da un vecchio muro di confine interrotto da una cancellata le cui colonne lasciano intendere una passata importanza, i secolari ulivi della Serratona fanno capolino con le chiome argentate, se alzate la testa verso il monte vedrete i primi castagni iniziare l'arrampicata di monte d'Alma. All'improvviso vi ritroverete davanti all'antica fonte del Canalino. Fu realizzata a partire alla fine del '500, per volontà di Iacopo VI Appiani per ovviare all'abbassamento della falda acquifera che alimentava le antiche fonti medievali. Tra settecento ed ottocento vennero aggiunti l'abbeveratoio per animali, e i lavatoi. Dal Canalino si potrebbe continuare a passeggiare tra i boschi, oppure tornare indietro, per la stessa via, usando come bussola il profilo alto della Rocca, aspettando lentamente l'ora di cena.